Unione degli Istriani

libera provincia dell'Istria in esilio

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Il 5 ottobre 1954 veniva firmato a Londra da Stati Uniti, Regno Unito, Italia e Jugoslavia il Memorandum d’Intesa che determinava il ritorno della Zona A del Territorio Libero di Trieste all’amministrazione italiana ed il passaggio della Zona B dall’amministrazione militare a quella civile jugoslava.

La notizia fu accolta delle decine di migliaia di esuli istriani a Trieste con un duplice sentimento: da un lato il sollievo e la gioia per il ritorno dell’Italia a Trieste, dall’altro la viva preoccupazione per le sorti della terra natia.

Fu così che in seno alla comunità degli esuli, ancora segnata dalle privazioni materiali dell’immediato dopoguerra, si comprese la necessità di fondare un’associazione apartitica e trasversale che vigilasse sull’applicazione del Memorandum, anche rappresentando le istanze degli esuli istriani presso il Governo ed il Parlamento italiano, affinché la situazione determinatasi non assumesse un carattere definitivo, nel senso di un pieno trasferimento di sovranità.

L’Unione degli Istriani mosse i suoi primi passi sul finire del 1954, su iniziativa dell’avvocato capodistriano Lino Sardos Albertini e di altri esuli, tra i quali il farmacista buiese Marco Rainis, che già intendevano istituire una cooperativa di mutuo soccorso.

L’assemblea costitutiva fu tenuta il 28 novembre 1954 in un cinema di Trieste, nel corso della quale fu approvato il primo Statuto.

L’associazione assunse da subito una struttura di tipo federativo, con componenti le “Famiglie” delle comunità istriane, delle quali due, la Parentina e la Montonese, già attive all’atto della fondazione, mentre numerose altre sarebbero nate in seguito. La rapida crescita dell’Unione, in seno alla quale si formarono ben presto anche una Sezione Giovanile e numerosi circoli, fece si che i primi anni furono assorbiti dall’attività organizzativa ed economica, essendo le Famiglie autonome sul piano finanziario. Aderirono all’Unione degli Istriani anche il Consorzio Beni Abbandonati, organismo atto a tutelare i beni immobili dei cittadini italiani della Zona B, la Corale Istriana ed il Centro Documentazioni.

L’associazione agì nei primi tempi più che altro come fattore di coesione e di ritrovo, in un epoca ancora segnata per gli esuli insediati a Trieste dalle ristrettezze economiche. Solo in un secondo tempo l’Unione si fece apprezzare per i suoi elaborati politici. Ricordiamo ad esempio un libretto di 45 pagine redatto nel luglio del 1956 dall’allora Segretario Generale dell’Unione degli Istriani, Fabio Zetto, ed intitolato “Sovranità sulle Zone A e B del cosiddetto Territorio Libero di Trieste, nel quale venivano esaminate con linearità le questioni giuridiche pendenti sui territori oggetto del Memorandum d’Intesa, rendendo evidente come la loro naturale risoluzione fosse insita nel ritorno alla sovranità italiana di entrambe le zone.

I serrati ragionamenti espressi in questo libretto costituirono sempre l’ossatura dell’iniziativa politica dell’Unione degli Istriani, che li ripropose ogni qual volta se ne presentò la necessità.

Il largo consenso riscontrato dalla nascita dell’Unione degli Istriani, che ben presto per numero di aderenti e per peso politico divenne la prima organizzazione di esuli in Italia, era dovuto in larga parte alla connotazione strettamente politica delle altre organizzazioni, legate a formazioni partitiche direttamente riconducibili alle forze di governo di allora: evoluzione del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Istria l’Associazione delle Comunità Istriane, e connessa alle correnti della Democrazia Cristiana l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Zara, poi divenuta Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.

Nell’estate del 1964 viene istituito il Comitato Promotore del Primo Raduno nazionale degli istriani, che si sarebbe svolto a Trieste l’autunno dello stesso anno.

Il Raduno si aprì il 3 novembre con una cerimonia emblematica: la consegna solenne al Museo del mare di alcuni cimeli del piroscafo vetro Pisani, comandato da Nazario Sauro prima dell’inizio della Prima Guerra Mondiale. Seguirono il pellegrinaggio alla Foiba di Basovizza ed il Primo Congresso Nazionale dei Giovani Istriani, nel quale le vicende storiche dell’Istria vennero rese note ad un pubblico di giovani nati dopo la guerra e quindi ignari della dolorosa storia recente della loro terra, che non veniva (e non verrà per molti anni ancora) insegnata nelle scuole. Il giorno seguente in una Cattedrale di San Giusto gremita all’inverosimile si tenne la Santa Messa officiata da Mons. Santin, il quale espresse nella sua omelia toccanti e ferme parole sul disumano calvario delle genti istriane, perpetrato da “un’ideologia per la quale l’uomo non è più protagonista ma diventa oggetto, che serve o si spazza via e si distrugge”. In seguito fu scoperta presso il torrione del Castello la lapide in ricordo del Raduno, donata dagli esuli alla città di Trieste. Dalla cerimonia conclusiva del Raduno si levò un accorato appello al governo nazionale, affinché la questione istriana venisse risolta definitivamente, con particolare riguardo alla Zona B, dove il persistente diritto di sovranità italiano non poteva essere esercitato per effetto di una situazione provvisoria non più ammissibile.

Soluzione finale che sarebbe giunta circa un decennio dopo, ma non nel senso sperato dagli esuli e più volte ribadito dall’Unione degli Istriani nei suoi interventi.

Nei primi giorni di ottobre del 1975 approdò in Parlamento la discussione in merito alla sovranità sulle Zone A e B del cosiddetto Territorio Libero di Trieste. Il primo ottobre parlarono alla Camera dei Deputati l’on. Rumor, Ministro degli Esteri, e dopo di lui il Presidente del Consiglio, Aldo Moro. Se il primo si limitò ad una disamina delle vicende storiche di Trieste e dell’Istria dal secondo dopoguerra, fu il secondo ad annunciare, con un discorso insolitamente breve che la decisione era stata presa: l’adeguamento dello “stato di diritto” allo “stato di fatto”, ovvero la rinuncia definitiva dell’Italia alla sovranità sulla Zona B. Il dibattito svoltosi nei giorni successivi, prima alla Camera e poi al Senato, trovò le aule semi deserte, sintomo di quanto poco a cuore la questione stesse alla politica nazionale, e allo stesso tempo del fatto che la decisione presa dal governo era immodificabile. Lo scontato voto di approvazione si tenne in Senato il giorno 10 ottobre.

Negli stessi giorni l’Accordo veniva approvato dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, dal Consiglio Comunale di Trieste e dal Consiglio Provinciale. La discussione a Trieste si era tenuta in un Municipio presidiato dai carabinieri, al cui esterno manifestanti assiepati lanciavano uova e ortaggi. A nulla valsero le iniziative di protesta indette dall’Unione degli Istriani, come la manifestazione del 6 ottobre a Trieste, cui aderirono migliaia di persone e associazioni come la Lega Nazionale e l’Unione Monarchica, ma la cui unitarietà fu minata dalla mancata adesione dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e delle Comunità Istriane. In essa si reclamava il “diritto insopprimibile ed irrinunciabile dei popoli di decidere col proprio voto il destino della propria terra”. Nel contempo, il 7 ottobre, su il Times di Londra ed Il Tempo di Roma veniva pubblicato un appello per il plebiscito nelle due zone del Territorio Libero di Trieste, di cui veniva rimarcato il prevalente carattere italiano della popolazione.

Tuttavia il testo dell’accordo non fu divulgato ancora per molte settimane, finché il 10 novembre, in seguito alla firma avvenuta nel Castello di Monte San Pietro, presso Osimo, ne furono resi noti succintamente i contenuti. Sulla scorta delle informazioni disponibili l’Unione degli istriani denunciava la validità del trattato, proclamava il netto rifiuto delle popolazioni interessate e si riservava di fare ricorso ad ogni azione, anche penale, nei confronti di chi sulla base di false informazioni e dolose azioni aveva agito al fine di sottoporre parte del territorio nazionale alla sovranità di uno Stato straniero. Nello stesso tempo si faceva appello alla raccolta di tutti gli elementi utili ad invalidare il trattato, per la cui ratifica, si credeva, sarebbero trascorsi dei mesi.

Malgrado le azioni intraprese, le denunce sulle irregolarità nella legge di ratifica, le decine di migliaia di firme raccolte in pochi giorni contro la ratifica del trattato (in particolare contro la clausola economica che prevedeva la creazione di una zona franca integrale industriale a cavallo del confine), le manifestazioni di piazza, l’ignobile ratifica avvenne il 17 dicembre 1976 alla Camera ed il 24 febbraio 1977 al Senato.

Dal 2007 l’Unione degli Istriani, con atto congiunto del Libero Comune di Pola in Esilio, è uscita dalla Federazione delle Associazioni degli Esuli.

A tutt’oggi l’Unione degli Istriani si distingue per la totale apartiticità dell’associazione, sia nei dettami statutari – chi riveste cariche sociali non può avere ruoli attivi nell’ambito politico a qualsiasi livello – sia nella linea d’azione assolutamente indipendente e slegata da ogni dettame politico o partitico.

Il periodico “Unione degli Istriani”, bollettino ufficiale dell’associazione, propone un’informazione chiara e trasparente, del tutto slegata da condizionamenti di sorta.

L’Unione degli Istriani organizza incontri pubblici a Trieste e nel resto della penisola per sensibilizzare e, soprattutto, informare l’opinione pubblica e gli esuli circa l’evoluzione dell’attualità e della storia relativa alla loro tragedia, ponendo particolare rilievo a quei temi considerati maggiormente prioritari per il mondo dell’esodo: beni cosiddetti abbandonati, restituzioni, indennizzi, giustizia amministrativa.

L’organizzazione, inoltre, cura seminari e conferenze di carattere storico-scientifico in collaborazione con i principali istituti di ricerca, le università e gli archivi di stato, lavorando sovente con le pubbliche amministrazioni in occasione della ricorrenza del 10 Febbraio, Giorno del Ricordo delle Vittime delle Foibe e dell’Esodo, anche con l’allestimento di proprie esposizioni tematiche di carattere storico.

L’Unione degli Istriani è estremamente attiva sul fronte estero, oltre che nazionale, essendo una dei soci fondatori e promotori della nascita dell’Unione Europea degli Esuli e degli Espulsi (UESE), ed avendo avviato un programma di partenariato con organizzazioni straniere; dal 2008 l’Unione degli Istriani è ufficialmente gemellata e svolge attività di ricerca storica e scientifica congiunta con la Lega dei Combattenti Carinziani, in ragione del comune trascorso nel periodo bellico (occupazione Jugoslava della città di Trieste e della Carinzia meridionale), mentre altri programmi di cooperazione sono stati avviati con organizzazioni di altri stati europei. L’Unione degli Istriani cura l’esposizione permanente in lingua tedesca dedicata alle Foibe ed all’Esodo presso il Museo degli Esuli di Gurk, in Carinzia, ove sorge anche il primo monumento dedicato all’Istria mai realizzato in Austria.

L’Unione degli Istriani è organizzazione riconosciuta dal Governo Italiano, siede al Tavolo di Concertazione Governo-Esuli attivo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e, per tramite della UESE, è riconosciuta dalla Commissione Europea.